giovedì 7 ottobre 2010

Buried

di Rodrigo Cortés (uscita in sala il 15/10/2010). Vi avevo parlato di questo film già qualche mese fa, in quel post Sundance FF che lo decantava come una pellicola destinata a diventare cult. Ci ero andata con i piedi di piombo, ma dopo averlo visto posso confermare: Buried è una bomba! Il regista Rodrigo Cortés ha 36 anni e firma un lavoro difficilissimo, anche se nato con l'intento di "realizzare un film con il minor budget possibile". In effetti Buried ha un protagonista e un'unica ambientazione: una cassa in cui questi è sepolto vivo. Unici mezzi a sua disposizione: un cellulare, uno zippo, una torcia, una matita e un fiaschetto con del liquore. Il film si apre con un minuto circa di nero (e già qui...), sotto cui sentiamo dei respiri affannosi. Poi ad un tratto la luce dell'accendino illumina un occhio terrorizzato. Ci siamo. Adesso rimane solo da costruire come quell'uomo sia finito lì dentro e cosa può fare per uscire. Buried poggia su due elementi principalmente: una buona sceneggiatura e dei buoni movimenti di camera, tutti realizzati in uno spazio ridottissimo (e solo in un caso viene usata un'inquadratura "artificiale", con una ripresa dall'alto che mostra una profondità non reale della cassa). Attraverso le telefonate che l'uomo sepolto, Paul (Ryan Reynolds), fa capiamo: che si trova in Iraq, che è un autotrasportatore, che è stato preso in ostaggio in seguito ad un'imboscata, che i suoi rapitori lo stanno usando per chiedere un riscatto al governo U.S.A. e per questo lo hanno sepolto con i mezzi necessari perché questi possa comunicare con i suoi soccorritori. Da una parte Paul si troverà a trattare con iracheni che lui chiama generalizzando "terroristi" e dall'altra con il suo governo che sembra non affannarsi per voler trovare una soluzione al suo problema, ma piuttosto che stia tentando in ogni modo che non trapeli nulla del suo caso. Chi ha torto e chi ragione? Chi è il vero carnefice? Paul è un uomo come tanti, uno che si trova catapultato in Iraq perché ha bisogno di un lavoro, non per ideali politici, con una moglie e un figlio da mantenere e che lo aspettano; i suoi rapitori erano persone comuni prima dell'avvento delle truppe americane, con famiglie dilaniate dal conflitto e che cercano vendetta per ciò che non si sanno spiegare. Insomma, entrambi sono sia cause che vittime di quanto sta accadendo, ma solo di riflesso, perché i "reali signori della guerra" sono al telefono a cercare di uscirne puliti. Dopo tanti film che ci hanno raccontato il conflitto in Iraq, attraverso una storia, ma non c'entrando veramente il nocciolo spinoso della questione (l'assurdità di questa guerra d'interessi, di cui molti meccanismi e orrori sono stati insabbiati), un regista spagnolo pressoché sconosciuto lo racconta da 3 metri sottoterra. Il risultato è una pellicola scioccante, claustrofobica, intensa, minimale (nessun effetto speciale), vera, drammatica, che non perde mai di ritmo. Uscirete con gli occhi sbarrati e pietrificati, ma ne vale la pena...

1 commento:

  1. Avevo visto uno screen test qui a Roma e il film mi aveva convinto tantissimo, vedo che non sono l'unico :)

    RispondiElimina