mercoledì 11 agosto 2010

King's Road

di Valdis Oskarsdottir (titolo originale: Kongavegur). King's Road è il secondo film della regista islandese Valdis Oskarsdottir, più celebre nell'ambiente cinematografico per i lavori che l'hanno vista coinvolta come editor: Julien Donkey Boy di Harmony Korine, Finding Forrester di Gus Van Sant, Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry, solo per citarne alcuni. Come tutte le "maestranze tecniche" con talendo, Valdis un giorno si era detta stufa di lavorare alle storie degli altri e si è buttata alla regia, con un primo buon film che però non ha fatto parlare molto di sé: Country Wedding.
Con King's Road raggiunge una piena maturità artistica anche dietro la macchina da presa, con un cinema che poggia la sua estetica, la sua poesia e il suo humor sulle tradizioni più vive della cultura islandese, con i suoi colori freddi, i suoi paesaggi sconfinati, i suoi personaggi che sembrano vivere in mondo lontano anni luce da una realtà "normale", ma con gli stessi drammi e gioie di tutti.
Il film è la storia di un gruppo di individui che si trovano nello stesso luogo, una sorta di baraccopoli con roulotte nel mezzo del nulla, e dei motivi per che li costringono a stare in quel posto: Junior è tornato in Islanda per vedere il padre e con lui c'è Senior, che si unisce al ragazzo perché questi gli deve i soldi di vecchi debiti. I due stanno nella roulotte della nonna paterna di Junior, una buffa donna che conserva i suoi risparmi in una foca imbalsamata che porta sempre con sé a mo' di cane, allietati dalla presenza della bella, giovane e completamente fuori di zucca, nuova fidanzata del padre. Le loro strade si incroceranno con una serie di strani abitanti del posto e l'unione delle loro storie intime diventa il cuore pulsante di questa black comedy. Amore, famiglia, amicizia, preoccupazioni per il futuro e rimpianti-rancori del passato emergono man mano, puntando il fuoco sulla difficoltà dei rapporti umani.
Un film divertente e commovente al tempo stesso, audace e narrativamente non banale (soprattutto nella costruzione dei personaggi), claustrofobico nel mostrare la vita vissuta in questo luogo isolato (vedi i due tizi punk che trascorrono le loro giornate in una macchina ferma a fumare sigarette e ascoltare musica a volume spropositato), ma arioso nel trasmettere che la felicità non sta in quello che si è-si fa, ma nell'avere qualcuno di fianco pronto a darti una spalla su cui piangere.

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