mercoledì 19 maggio 2010

Copia conforme

di Abbas Kiarostami (in sala dal 19/05/2010). Ci sono film su cui passi un'intera giornata a pensare e ripensare, scorrendone mentalmente immagini e situazioni nel tentativo di trovare un significato che poi ti arrendi a dire "non c'è". Questo è quello che mi è successo con l'ultimo lavoro di Kiarostami, un regista da cui in un periodo storico come questo per il suo paese, l'Iran, e forse memori di suoi vecchi lavori a sfondo socio-politico, ci si aspettava tutt'altro. Il regista settantenne invece si cimenta nella trasposizione in video di una storia d'amore: "una" perché ne vuole cogliere il significato universale e "una" perché i protagonisti vengono vissuti dallo spettatore come dei moderni Adamo ed Eva (la prima storia d'amore che l'uomo conosca).  
Siamo in un piccolo paese della Toscana. Una donna (Juliette Binoche) incontra un uomo (William Shimell), uno scrittore di cui lei è accorsa ad ascoltare una conferenza e a cui sfacciatamente lascia il numero di telefono. Si incontrano e da lì inizia la loro avventura: una giornata in cui temporalmente i due affrontano una parabola emotiva che è quella che generalmente una coppia vive nel corso di una vita intera di relazione. 
Kiarostami fa vivere i suoi protagonisti dall'alba al tramonto nel vero senso del termine, li fa timidamente conoscere e violentemente allontanare. La sceneggiatura regge, con picchi notevoli di bravura, nonostante il materiale esplorativo fornito allo spettatore sia davvero troppo, con dialoghi al limite del logorroico, sbalzi repentini d'umore, battute sconnesse con quanto in realtà i due stanno vivendo (o meglio pare che stiano vivendo): un primo appuntamento (?). 
Copia conforme è un film complesso, il cui difetto più grande però è che rimane un puro esercizio di stile. Analizzandolo a fondo mi turba l'idea che sia uno di quei classici prodotti autorali che si mascherano da tali nella speranza di far passare inosservato che da dire in fondo ci sia ben poco. Un gioco a due parti stilisticamente ben realizzato, ma fine a se stesso. Quando studiavo sceneggiatura, una delle prime domande che mi veniva sempre chiesta all'esposizione di un lavoro era "che cosa hai voluto raccontare?" (o "cosa vuoi raccontare?"). Ecco, se ce la facciamo davanti a Copia conforme la risposta sarebbe: una storia d'amore dalla nascita alla morte, una relazione tradizionale. Non è un po' vago? E poi, racchiuderla nel corso di una giornata non è un po' limitante? Anche perché tra tutto si perde a mio avviso proprio la parte dell'innamoramento (i due non si scambiano mai nemmeno un bacio). E quindi, perché era necessario quell'inizio di inganno allo spettatore? E ancora, per fare gli autori è proprio necessario cercare di fare "gli originali" perché il tema è stra-abusato per poi finire vittima di se stessi? No. Preferivo una storia d'amore o di crisi coniugale anche banale, ma ben fatta e focalizzata su uno status emotivo. Che non mi facesse scervellare inutilmente su qualcosa che Kiarostami non è stato in grado di spiegare (d'altronde chi ci riesce?): le dinamiche amorose (di cui caro Kiarostami, te lo devo dire, non c'è una chiave universale di lettura!). 

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