venerdì 14 gennaio 2011

Life During Wartime

di Todd Solondz. Mascherato da una fotografia che gioca sui toni pastello ed un'estetica che rimanda ad atmosfere pop, il film di Solondz è in verità un dramma sui rapporti interpersonali e sulla vita in generale. Ben sceneggiato, con dialoghi incalzanti e spesso al limite del surreale, ruota tutto attorno ai problemi della famiglia Jordan. Trish, la prima delle sorelle, ha tre figli e dopo l'allontanamento da un marito pedofilo stupratore (appena uscito dal carcere), che spaccia ai figli come morto, sta cercando di rifarsi una vita con un uomo più vecchio e sicuramente non attraente, ma che lei ritiene "normale". Joy, la seconda sorella, si è presa un periodo di pausa dal marito vizioso e violento, ma tornata a casa verrà perseguitata dal fantasma di un vecchio pretendente che anche da morto non demorde. Helen, l'ultima, vive per il suo lavoro di scrittrice di successo per Hollywood e per la famiglia, ma è una nevrotica.
La pellicola di Solondz usa un linguaggio quasi astratto per parlarci di sentimenti, finendo per mettere in scena un dramma profondamente attaccato al reale (un esempio: le scene di sesso, non hanno "fronzoli cinematografici", ma sono brutali, quasi animalesche), nonostante la recitazione abbia un'impostazione di dialogo e mimica quasi teatrale. Queste differenze tra trama e struttura filmica fortemente e volutamente accentuate dal regista, non pesano però nello spettatore che viene rapito dalla storia e dalle disavventure dei suoi personaggi, maschere tragicomiche che spaziano dal grottesco al cartone animato. In superficie, ne resterete affascinati, mentre nel profondo sarete devastati. Una pellicola sui disordini della vita e su come, nonostante tutto, per avere una qualche parvenza di sicurezza, le persone sarebbero pronte a rinunciare alla propria libertà, alla propria felicità... a vivere.
VOTO: 7

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