giovedì 31 marzo 2011

Source Code

di Duncan Jones (in sala dal 29/04/2011). No, questa volta siete dei prevenuti a pensare che sia andata a vedere questo film perché il protagonista è Jake Gyllenhaal... poteva essere chiunque altro... Il punto a favore di Source Code è che dietro alla macchina da presa abbiamo un nome come Duncan Jones, alias Zowie Bowie, regista di Moon, uno dei film di fantascienza con inserti thriller che più mi ha entusiasmato degli ultimi tempi. Jones si dimostra ancora un abile prestigiatore nel saper maneggiare materia contorta, ma raccontata senza mandare lo spettatore in confusione e con uno stile visivo impeccabile. Al suo secondo lungometraggio, rimane fedele al suo modo di raccontare claustrofobico, alle sue tematiche di dualità, universi paralleli, di ricordi che sopravvivono alla morte. 
Siamo su un treno diretto verso Chicago: il colonnello Stevens (J. Gyllenhaal) si risveglia e davanti a sé ha una donna che gli parla come se lo conoscesse. Ma lui non sa né chi sia lei né perché si trovi su quel treno, che dopo 8 minuti esatti dal suo risveglio esploderà cadendo vittima di un attentato. Si risveglia di nuovo, ma questa volta è in una sorta di capsula scura e una donna in uniforme gli parla da un monitor. A sua insaputa sta partecipando a una missione militare. Obiettivo: scoprire chi è stato l'attentatore che poche ore prima ha fatto esplodere una bomba su un treno diretto a Chicago. Proprio quello in cui si trovava pochi minuti prima del suo secondo risveglio. Stevens è all'interno del programma Source Code, un esperimento del governo in grado di riassegnare il tempo (ma non è una macchina del tempo, come dicono nel film). 
Quello del "viaggio nel tempo" è un genere di racconto che nei film di carattere scientifico ormai non è tra i più in voga, ma Jones è in grado di prenderlo e rinobilitarlo, facendo un ulteriore passo: renderlo credibile (e questo è il nocciolo dell'affermazione sopra citata: non stiamo parlando di un giocattolone, ma di qualcosa che prima o poi lo spettatore ha la sensazione che potrebbe essere realmente inventato). Inoltre, nonostante la matrice fantascientifica sia la più evidente, non possiamo etichettarlo sotto un'unica categoria: Source Code unisce infatti elementi di thriller, drama, action, mistery e un pizzico di romance. E' un film che può essere letto a più livelli: uno spettatore medio godrà della sua veste da classico blockbuster action, fuoco, muscoli e investigazione. Uno spettatore più attento andrà oltre: il tema della guerra innanzitutto, caro alla cinematografia americana, ma qui proposto come una sorta di fantasma che si ripresenta anche post mortem e la critica all'amoralità dei mezzi spesso utilizzate pur di raggiungere un obiettivo. Il tema del doppio che già Jones aveva usato in Moon, ma sempre nella sua accezione "dell'uomo che sfrutta un suo se stesso-altro" per il progresso e la sopravvivenza, per superarsi e superare i confini delle proprie normali capacità. Il tema del ricordo (anche questo c'era in Moon), che sopravvive oltre qualsiasi cosa, anche la morte, come se il nostro "vero doppio" esistesse davvero, ma solo in quella dimensione che è la nostra mente, unico mezzo davvero in grado di ricreare e in cui il nostro doppio può vivere.
Un film bello da vedere e su cui discutere, in cui ognuno potrà leggere dei livelli ulteriori. Guardatevi anche Moon.
Unica pecca: lo avrei fatto finire qualche minuto prima.
VOTO: 7½

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